Ricorso in cassazione inammissibile per chi non è “parte” nei precedenti giudizi

IL PRINCIPIO DI DIRITTO

Per la Corte di Cassazione (ord. n. 4510 del 20.2.2020) è inammissibile il ricorso in cassazione proposto non dall’Agente della Riscossione ma dall’Agenzia delle Entrate che non era stata parte dei giudizi dei precedenti gradi di merito.

La decisione

A fronte dell’impugnazione da parte di un contribuente di un estratto di ruolo e della relativa cartella di pagamento, la Commissione tributaria regionale della Campania rigettava l’appello dell’agente della riscossione, sostenendo l’impugnabilità dell’estratto di ruolo e dichiarando anche la prescrizione del credito erariale stante l’inapplicabilità al caso di specie la sospensione dei termini prescrizionali di cui alla L. n. 147/2013, art. 1, co. 623.

Giunta la controversia davanti alla Corte di Cassazione, quest’ultima rilevava l’inammissibilità del ricorso in quanto proposto non dall’Agente della Riscossione ma dall’Agenzia delle Entrate, ente impositore titolare del credito, soggetto del tutto diverso dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione e che non era stato parte dei giudizi dei precedenti gradi di merito.

La Corte di Cassazione in proposito ricordava che la qualità di parte legittimata a proporre appello o ricorso per cassazione, come a resistervi, spetta ai soggetti che abbiano formalmente assunto la veste di “parte” nel precedente giudizio di merito. Conseguentemente, laddove il ricorrente non alleghi la propria “legitimatio ad causam” e non fornisca la dimostrazione di essere subentrato nella medesima posizione della parte rimasta soccombente (Cass. n. 17681/2007; Cass. n. 15414/2017), va dichiarata inammissibile l’impugnazione proposta da soggetto diverso da quello che è stato parte nel suddetto giudizio (Cass. n. 27239/2008; n. 520/2012; n. 15352/2010). La mancanza di quella prova (vale a dire la prova di esser stato parte del precedente o giudizio o di esser subentrato nella medesima posizione processuale) è rilevabile d’ufficio, in quanto attiene alla titolarità del diritto processuale di adire il giudice dell’impugnazione e, pertanto, alla regolare costituzione del contraddittorio (Cass. n. 15352/2010).

Pertanto, il ricorrente per cassazione che, nel giudizio di merito, non abbia formalmente assunto la veste di parte, è tenuto, a pena di inammissibilità dell’impugnazione, a depositare in cancelleria, ai sensi dell’art. 372 c.p.c. (anche oltre il termine previsto dall’art. 369 c.p.c., purché il relativo elenco sia notificato alle altre parti), la documentazione diretta a provare la sua legittimazione, nonché ad indicare specificamente i documenti depositati nel contesto del ricorso, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., co. 1, n. 6 (nel testo modificato dal D.Lgs. n. 40/2006) così da realizzare l’assoluta precisa delimitazione del “thema decidendum”” (Cass. n. 23880/2016).

La Corte di Cassazione riteneva quindi di dare continuità al proprio indirizzo giurisprudenziale in base al quale risulta inammissibile un ricorso proposto da un soggetto che non è stato “parte” dei precedenti gradi di merito: pertanto, l’Agenzia delle Entrate, essendo soggetto del tutto diverso dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione (che è stata “parte” nei precedenti giudizi di merito), non è legittimata alla proposizione del ricorso.

Verificata, dunque, l’inammissibilità del ricorso per esser stato proposto da soggetto non legittimato, la Corte di Cassazione considerava superfluo l’esame dei motivi di ricorso proposti dalla ricorrente.